Il 51% degli italiani sogna di lavorare in una piccola-media impresa

Posted On 09 Dic 2014
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lavoroDa MilanoNon è la grande multinazionale e nemmeno l’azienda italiana che ha sfondato all’estero la realtà professionale ideale per gli italiani alla ricerca di un lavoro, bensì un ambiente a misura d’uomo come quello della piccola-media impresa. È quanto emerge da un sondaggio di InfoJobs, la principale realtà italiana ed europea nel settore del recruiting online per numero di offerte di lavoro, traffico Internet e numero di CV in database, che ha coinvolto i propri utenti (candidati ed aziende) in un sondaggio a 360 gradi sul mondo del lavoro e sui processi di selezione.

La destinazione ideale per il 51% degli intervistati è un’azienda affermata di piccole-medie dimensioni, luogo di lavoro capace di unire alla solidità delle performance economiche una dimensione a misura di lavoratore che piace al candidato tipo. Al secondo posto, per il 18,2% dei candidati, c’è un’azienda italiana rinomata che guida la classifica davanti alla grande multinazionale, preferita dal 16,5% del campione. A seguire il settore pubblico, scelto come destinazione ideale dal 7,5% dei candidati e la start-up innovativa (4%), categoria dal grande potenziale ma che evidentemente non trasmette ancora quella solidità di lungo periodo che sta a cuore ai candidati alla ricerca di un impiego. Infine il terzo settore (volontariato e ONG) con il 2,8%.

Ma quali sono le aspettative che un’opportunità professionale deve soddisfare per attrarre i candidati più qualificati? La prospettiva di stabilità e sicurezza economica è per il 44,7% dei candidati intervistati il fattore determinante, a cui si aggiunge un altro 16,8% che, anche a fronte di un contratto a termine, indica nelle condizioni economiche il fattore principale per scegliere una nuova sfida professionale. Allineati su questi parametri anche HR Manager e Figure di Business che attribuiscono alle due caratteristiche rispettivamente il 50,6% e il 15,7% delle preferenze. Le opportunità di apprendimento e crescita sono invece indicate come la caratteristica più stimolante dal 20,8% dei candidati e dal 21,7% delle aziende mentre è meno valutata la corrispondenza con i propri studi, rispettivamente dal 10,8% dei candidati e dal 7,2% di HR Manager e Figure di Business. Ancora meno, l’equilibrio vita privata-lavoro, fondamentale solo per il 6,9% dei candidati e per il 2,4% dei rispondenti lato aziende.

Lo stipendio è dunque la prima leva che muove i candidati alla ricerca di un lavoro? No, dal sondaggio dell’Osservatorio InfoJobs emerge una chiara voglia di fare bene e di crescere sul lavoro anche sacrificando il trattamento economico. Davanti ad una proposta di grande stimolo ed interesse dal punto di vista della crescita professionale, i candidati si dichiarano infatti disponibili ad accettare inizialmente condizioni economiche poco incentivanti (70,3%), ad affrontare orari di lavoro poco agevoli (54,7%), a sopportare lunghi spostamenti quotidiani (39,7%), ad accettare trasferimenti in altre città o regioni (38%) e, perché no, all’estero (29,3%). Davanti ad una reale prospettiva di crescita dunque, si è disposti a fare sacrifici importanti.

Ma come fare ad ottenere il lavoro dei propri sogni? Quali sono le competenze più considerate dalle aziende in sede di colloquio? Su questo tema si registra un gap di aspettative tra i due target intervistati. Se per i candidati, infatti, la caratteristica tenuta in maggiore considerazione dalle aziende è la flessibilità di ruolo e orari, indicata dal 59% del campione, per il 59,3% delle aziende la dote principale del candidato tipo è il possesso di competenze tecniche aggiornate. Altro esempio della distanza di vedute tra i due target sono le doti di autonomia e proattività, requisito tenuto in grande considerazione da HR Manager e Figure di Business (per il 55,6% di loro è una dote fondamentale) e considerato invece secondario dal target candidati (solo il 37,7% lo indica come competenza centrale). Stesso discorso vale per la voglia di imparare (45,7% contro 28,8%), la capacità di innovare (40,7% contro 14,8%) e le doti di leadership (34,6% contro 10,8%). Ruoli invertiti ma uguale distanza per quanto riguarda l’importanza attribuita al basso costo del lavoro, centrale per i candidati (55%) ma non per le aziende (24,7%).

Ma qual è la reale prospettiva di breve periodo per i candidati alla ricerca di un impiego? Il quadro che emerge dai dati InfoJobs mette in luce un certo pessimismo sulle concrete possibilità di vedere migliorare la propria situazione lavorativa. Il 28,7% degli intervistati afferma infatti di non credere nella possibilità di un colloquio nell’arco dei prossimi 6 mesi, percentuale a cui si aggiunge il 33,8% che si dichiara sicuro di effettuare un percorso di selezione, ma senza garanzia di ottenere l’agognato posto di lavoro. Rimane positivo il 18,8% di intervistati che si dice fiducioso di trovare un impiego a tempo determinato nei 6 mesi a venire, con un altro 4,2% che vede davanti a sé un contratto stabile e solo il 9,1% del campione che è convinto di trovare un lavoro corrispondente alle proprie aspettative.

Un risultato questo, in parziale contrapposizione con il quadro tracciato da HR Manager e Figure di Business che, per il 60,2%, dichiara di aver effettuato nel corso del 2014 ricerche per posizioni con contratti a tempo indeterminato, a cui si aggiunge il 54,2% dei rispondenti che afferma di aver effettuato ricerche per contratti a tempo determinato, forme contrattuali tra le più stabili nella gamma di possibilità offerte dalla legislazione italiana. A seguire, buone opportunità per i profili junior a cui le aziende intervistate affermano di aver proposto offerte di stage (48,2%) o contratti di apprendistato (32,5%). Minori le percentuali legate a contratti interinali (24,1%) e contratti a progetto (19,3%).

Sorprendente invece il capitolo sulla conoscenza delle politiche di tutela di disoccupati e giovani nei due target intervistati. Se è ovvio infatti che tra HR Manager e Figure di Business ci sia una buona conoscenza dei vari strumenti disponibili, dagli incentivi regionali al Progetto Garanzia Giovani, lo stesso non si può dire del target candidati che per oltre il 56,6% dichiara di non essere a conoscenza di alcuno strumento di tutela per la propria categoria, dato che dimostra un chiaro gap informativo tra candidati e istituzioni. Fortunatamente però, non è sempre così. Il 23,2% dei candidati afferma di sapere che cos’è il Progetto Garanzia Giovani, strumento che precede in popolarità gli stage o tirocini comunali, noti al 18,3% degli intervistati e gli incentivi regionali, citati dal 17,7% del campione.

Infine, capitolo Jobs Act. I due target esprimono all’unisono una certa diffidenza sulla misura allo studio del governo. Per il 44,4% dei candidati e il 46,7% di HR Manager e Figure di Business, le discussioni di queste settimane non porteranno ad una concreta realizzazione delle riforme contenute nel progetto del governo. Le vedute dei due target si discostano invece quando si entra nel merito della proposta. Il 30,6% dei candidati ritiene infatti che il pacchetto di riforme aumenterà la precarietà, a cui si aggiunge il 28,2% del campione che si dice convinto che la nuova normativa abolisca alcuni diritti fondamentali dei lavoratori. In contrapposizione, c’è un 21,4% che giudica la riforma necessaria per l’attuale contesto socio-economico e l’8,7% che vede nell’approvazione del testo da parte del governo un effettivo vantaggio per i lavoratori, visione non condivisa dal 26,3% degli intervistati che giudicano l’insieme di riforme vantaggioso, al contrario, per gli imprenditori. Lato aziende, oltre agli scettici, troviamo un 30,7% del campione che giudica la riforma necessaria per l’attuale contesto socio-economico a cui si aggiunge il 18,7% degli intervistati secondo cui il testo rende le imprese più competitive. Infine, il 24% del campione giudica la riforma vantaggiosa per gli imprenditori mentre per il 12% il pacchetto aumenterà la precarietà nel nostro paese.

E di fronte a tanti scenari in cambiamento, dai dati raccolti e analizzati da InfoJobs, emerge la conferma che sono sempre i siti di recruiting online lo strumento principale utilizzato per la selezione di personale nel nostro Paese, rispettivamente per il 94,3% dei candidati e per il 60% delle aziende. Al secondo posto c’è invece il contatto disintermediato tra azienda e candidato, con il 70,6% degli intervistati che sceglie l’invio spontaneo di candidature alle aziende e il 54,4% della controparte HR che utilizza il sito aziendale per incontrare la figura ideale da inserire nel proprio organico. E se poi è vero che i mezzi digitali sono ormai centrali nell’incontro di domanda e offerta di lavoro, rimane ancora importante il ruolo del passaparola e delle conoscenze personali, indicato come una delle fonti dal 59,6% dei candidati e 55,6% dei responsabili HR.

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