Chi cerca non trova

universita_albertaDa Milano – Lo psicologo comparativo Eric Legge dell’Università di Alberta a Edmonton, in Canada, ha svolto un’interessante ricerca sul comportamento delle persone che devono occultare o ritrovare degli oggetti. L’esperimento è stato svolto in parte in un ambiente reale e, poi, replicato in un ambiente 3D virtuale. L’esperimento ha coinvolto 102 volontari. Ognuno di essi ha dovuto nascondere in due minuti 3 schede sotto 70 “tessere/mattonelle” cosparse in una stanza vera e propria dotata di divani, tavoli, quadri e altri arredi, con un “invitante” angolo buio a sinistra dell’ingresso e una finestra rivolta verso l’esterno nell’angolo opposto l’ingresso. Gli stessi partecipanti avevano ulteriori due minuti per trovare le tessere nascoste dagli altri partecipanti.
Il dato interessante è che quasi tutti i partecipanti hanno preferito nascondere gli oggetti al centro della stanza, ma tendevano a cercare quelli nascosti dagli altri partecipanti negli angoli più remoti.
Lo stesso esperimento è stato replicato poi in una stanza virtuale 3D con delle zone perimetrali più buie. L’esito è stato sostanzialmente lo stesso.
Sembra che la mente umana svolga un lavoro differente quando si tratta di nascondere un oggetto e quando si tratta di cercarlo, spingendo la persona a cercare in luoghi reconditi che non sono, però, sempre i più probabili.
Questi test di comportamento potrebbero avere un grande valore se proiettati su modelli virtuali di scenari di guerra o di obiettivi sensibili per il terrorismo. Se si riuscisse realmente a “mappare” i modelli di comportamento che inducono le persone a nascondere questi esplosivi o altri dispositivi letali in determinate aree e in circostanze particolari, potrebbero essere sviluppati sistemi di scansione che individuano con precisione aree ad alto rischio e, quindi, in grado di prevenire gran parte di esplosioni o attentati.

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