Il sesso del futuro è già qui

da Milano – La realtà virtuale e i mondi digitali stanno cambiando nel profondo i nostri gusti e le abitudini. Tralasciamo le filippiche sui social che isolano invece di aggregare, sui supermercati sempre più digitalizzati dove l’elemento umano diventa sempre più marginale (recente l’apertura di un punto vendita Amazon in cui non esistono più le casse e le cassiere), o sulle auto che di guidano (guideranno?) da sole, è evidente come i campi di esplorazione del digitale siano sempre più ampi, quindi logico pensare che anche l’industria del sesso finisca in qualche modo per esserne coinvolta.

Pionieri in questa nuova sperimentazione “sensoriale” sono il sito CamSoda, un portale specializzato in strip live con modelle reali a cui si possono dare mance (digitali) e con cui si può personalizzare l’esperienza visiva e la società Abyss Creations, specializzata nel produrre “bambole sessuali” (RealDools) estremamente realistiche e costose. Si tratta di bambole non solo dai lineamenti e dalle forme decisamente credibili, ma anche dalla consistenza, il lattice utilizzato simula molto bene la “resistenza” al tatto dei tessuti umani. I modelli base partono da 3.999 dollari, ma la media di spesa si avvicina ai 5.000 dollari, non certo spiccioli.


L’idea alla base della partnership è di creare un’esperienza sensoriale unica, molto vicina, se non indistinguibile, al sesso reale: visualizzare un modello reale, magari in una situazione immersiva con visori VR e fare sesso con un bambola iperealistica i cui genitali sono stimolati dai dati trasmessi dal modello reale. Naturalmente l’ipotesi è convertibile a un modello maschile, peraltro già in produzione, per avere il completo appagamento sensoriale da ambo le parti.

Insomma ‘o famo (molto) strano tanto per citare Verdone.

In realtà la tecnologia per trasmettere il piacere via internet esiste già, l’ha sviluppata e la commercializza con un certo successo l’azienda Lovense con i suoi Lovense Max e Lovense Nora, rispettivamente la riproduzione dei dispositivi genitali maschile e femminile, sincronizzabili via smartphone (certo si poteva anche scrivere vibratori comandati da un’app ma era meno elegante). Naturalmente ci sono problemi di integrazione e commercializzazione da risolvere: ad esempio un dispositivo Lovense viene acquistato e consegnato subito, una bambola ha dei tempi di produzione e consegna
decisamente più lunghi e questo potrebbe determinare una strozzatura in termini di vendite. Tuttavia gli artefici del progetto tengono a specificare come l’obiettivo non sia quello di “monetizzare” l’esperienza, ma di valutare se il sesso virtuale così concepito sia realmente una nuova frontiera del digitale destinata ad affermarsi oppure solo uno dei tanti progetti destinati a essere presto dimenticati.

Intanto, per rendere l’esperienza ancora più realistica, potrebbe essere interessante la partnership con uno studio legale associato che chieda gli alimenti in caso di abbandono del bambola siliconata. Insomma il futuro è già qui…

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