Nuova proposta dell’Unione Europea per estendere la garanzia di due anni ai videogiochi.

Posted On 15 Mag 2009
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pacmanDa Milano – La Commissione Europea ha avanzato la proposta che la garanzia di due anni sui beni di consumo possa essere estesa anche ai videogiochi in modo da tutelare i consumatori.

Ma il Dottor Richard Wilson, a capo dell’Associazione Tiga che riunisce tutti gli sviluppatori di giochi, ha affermato che pur essendo necessario regolare in qualche modo questo settore tutelando i consumatori che hanno il diritto di acquistare prodotti di buona qualità, bisogna fare attenzione a non “soffocare” le nuove idee. Infatti i produttori e gli sviluppatori di videogiochi potrebbero divenire più cauti nel proporre nuovi prodotti.


Attualmente, la licenza del software è esente dalla normativa dell’UE che costringe le imprese a offrire “un minimo di 2 anni di garanzia su beni mobili di consumo”.
Il Dottor Wilson ha affermato che per sviluppare il software di un gioco spesso occorrono anni di lavoro e vista la rapida evoluzione delle nuove tecnologie, spesso il team di sviluppo deve anche prevedere la tecnologia che sarà in uso nel momento in cui il gioco sarà effettivamente finito.


Helen Kearns, portavoce di Meglena Kunev commissario europeo per la tutela dei consumatori, ha affermato che si è voluto avviare un dialogo con l’industria del software.
Attualmente, i rivenditori non sono obbligati a rimborsare un videogioco se questo ha un bug o un problema che impedisce all’utente di completare il gioco stesso. Se la proposta diventerà legge, al contrario in questi casi il consumatore verrà risarcito.
La signora Kearns ha ammesso che si potrebbero verificare degli abusi da parte degli utenti, che potrebbero restituire il gioco anche se perfettamente funzionante, ma ha altresì affermato che questo non deve costituire una buona ragione perché tutti i consumatori non debbano essere tutelati.


La Business Software Alliance, che rappresenta molte aziende di software, tra cui Apple e Microsoft, ha dichiarato che la proposta di legge così com’è formulata non può funzionare se applicata ai contenuti digitali in quanto questi non sono dei beni tangibili e spesso i software non sottostanno a contratti di vendita ma per essi vengono concesse delle licenze.



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